Professionista [?] truccatore. Il punto interrogativo è quanto mai doveroso e la babele di informazioni e disinformazione ne sostengono la necessità. L’intenzione delle riflessioni, dei dati tecnici e delle conclusioni che seguono derivano dall’esigenza di far chiarezza documentale su un argomento così contraddittorio per assenza di informazione chiara e lineare. Nei vari anni di insegnamento che mi vedono coinvolta in prima persona, una serie di domande mi sono state poste e ripetute periodicamente. Segno della grande confusione che contraddistingue l’ambito formativo e lavorativo del trucco.
Possiamo definire il truccatore un professionista? Esistono dei parametri di riferimento per riconoscere questa peculiarità professionale in modo esclusivo? C’è un titolo istituzionalizzato che determina la qualifica di truccatore? Il truccatore per praticare la propria attività è obbligato ad essere in possesso di un titolo di studio riconosciuto? In Italia, attualmente, esistono due categorie differenti definibili professioni: le professioni protette, che prevedono un albo professionale e i consulenti professionisti (vedi box 1).
Il truccatore non è assolutamente contemplato in queste categorie professionali.
Box 1
PROFESSIONI PROTETTE E CONSULENTI PROFESSIONALI
Le professioni protette [medici, avvocati, commercialisti, etc] sono sottoposte alla responsabilità e tutela del ministero competente [ es. i dottori commercialisti sotto il controllo del ministero di Grazia e Giustizia] e i professionisti sono identificabili nei relativi albi nazionali a cui hanno l’obbligo di iscrizione per poter esercitare la propria professione. I requisiti per l’iscrizione a un albo sono estremamente rigidi e regolamentati: titolo di laurea specifico, tirocinio fino al raggiungimento di relativa certificazione, esame abilitativo per l’iscrizione all’albo e successiva iscrizione alla relativa cassa di previdenza e assistenza professionale. Il consulente professionista, senza albo professionale né cassa previdenziale specifica, per esercitare la propria attività deve richiedere l’apertura di una posizione IVA secondo un codice attività specifico [ATECO], con iscrizione alla Camera di commercio e contribuzione nella gestione separata INPS.
I LAVORATORI DELLO SPETTACOLO E L’ENPALS
I lavoratori dello spettacolo come attori, cantanti, registi, costumisti, ballerini e, nello specifico truccatori e parrucchieri, trovano il loro riferimento contrattuale nel CCNLS [contratto collettivo nazionale dei lavoratori dello spettacolo] e devono essere iscritti dal datore di lavoro all’Ente Previdenziale denominato ENPALS [Ente Nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo]. Questo gestisce l’assicurazione per l’invalidità, l’indennità di disoccupazione, la pensione in favore dei lavoratori dello spettacolo, sostituendosi alla gestione previdenziale dell’INPS, riferimento comune dei lavoratori dipendenti. Il datore di lavoro, per poter assumere lavoratori nell’ambito dello spettacolo, tra cui il truccatore, deve essere in possesso di un’agibilità che ne permette l’operatività. All’ENPALS, differentemente dagli altri enti previdenziali, devono essere iscritti, obbligatoriamente, non soltanto i lavoratori dello spettacolo dipendenti ma anche i lavoratori dello spettacolo autonomi con partita IVA. Ai fini dell’obbligo contributivo, non ha alcuna rilevanza che l’iscritto all’ENPALS presti attività lavorativa di tipo subordinato o di tipo autonomo. Questo è l’unico caso in cui sia regolamentata la figura del truccatore, sia esso dipendente o autonomo. Per fare un esempio più facilmente comprensibile, il truccatore per lavorare nel contesto dello spettacolo [cinema, teatro, televisione, pubblicità, moda, fotografia, eventi, etc.] viene assunto, collocato al 3° livello del CCNLS [contratto collettivo nazionale per i lavoratori dello spettacolo] e iscritto all’ENPALS dal datore di lavoro, che ne verserà i relativi contributi di legge. La contribuzione ENPALS è obbligatoria anche se si è in possesso di partita IVA.
IL TRUCCATORE E IL TITOLO DI STUDIO RICONOSCIUTO.
Per essere assunto e lavorare come truccatore non è richiesto alcun titolo di studio riconosciuto.
Ai fini della selezione di un truccatore da parte di un datore di lavoro non è discriminante né essenziale la frequenza e relativa attestazione di un titolo di studio specifico. Ne consegue l’assoluta superfluità da parte delle scuole di trucco del riconoscimento regionale dei propri attestati rilasciati. Il truccatore ha maggiori possibilità di lavoro proporzionalmente alle proprie capacità, esperienza e formazione, sia essa autodidatta o ottenuta attraverso corsi non riconosciuti o riconosciuti.
RICONOSCIMENTO DELLA PROFESSIONE DI TRUCCATORE
L’istituzione della figura professionale del truccatore come categoria di professione protetta e la creazione di relativo albo è discutibile sul piano formale e concreto. Concetto questo rafforzato dalle sollecitazioni dell’Unione Europea nei confronti dell’Italia all’eliminazione degli eccessivi albi professionali ritenuti inutili. Il perché non si renda necessaria la creazione della categoria professionale del truccatore né l’obbligatorietà di un titolo di studio riconosciuto, a differenza di professioni similari come l’estetista o l’acconciatore, è facilmente comprensibile. La pratica del truccatore non comporta l’uso di prodotti [tinture ad ossidazione, sostanze acide, etc.] o strumentazioni [forbici, apparecchiature, etc.] potenzialmente critici o che agiscono con alterazioni chimico-fisiche dell’organismo. Differentemente, l’applicazione del trucco è una tecnica non invasiva, praticata con sostanze accessibili a tutti e adatte a un uso quotidiano. A salvaguardia della salute e dell’incolumità fisica dell’utilizzatore finale del trucco è la legge 713/86 su produzione e vendita dei cosmetici, che garantisce la produzione, distribuzione e indicazioni di utilizzo di un prodotto per il trucco accessibile a chiunque. Se ne conviene che chiunque possa applicare il cosmetico per il trucco senza poter provocare danni, con la certezza di una sua facile e immediata rimozione. Tutti possono truccare e definirsi truccatori: non esiste alcun parametro o scala di riferimento per una indubbia e inappellabile attribuzione di titolo professionale. La differenza è solo nella capacità di applicare il trucco e il risultato estetico che se ne ottiene. L’inutilità di una scuola di trucco riconosciuta da un’istituzione regionale e la superfluità di una categoria professionale istituzionalizzata è ulteriormente individuabile nella possibilità, per chiunque, di poter essere impiegato presso una profumeria o rivendita di cosmetici da trucco. In questo caso l’assunzione del lavoratore e regolamentata dal CCNL [contratto collettiva nazionale dei lavoratori] con inquadramento al 5° livello-aiuto commesso o al 4° livello–commesso, senza l’obbligatorietà di alcun titolo di studio specifico. Il lavoratore così assunto provvederà nella vendita a proporre, consigliare e testare i relativi cosmetici da trucco. Il contesto in cui agisce è inerente al trucco e al suo utilizzo, potrebbe quindi essere definito truccatore, anche se, tecnicamente, il truccatore è una figura contemplata prevalentemente nell’ambito dei lavoratori dello spettacolo.
IL TRUCCATORE E L’OPERATORE DI TRATTAMENTI ESTETICI
In un altro campo la pratica del trucco è contemplata: i trattamenti estetici. L’attività di estetista, specifica attività artigiana con obbligo di qualifica con validità nazionale, comprende tutte le prestazioni e i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano [epidermide] il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorare e proteggerne l’aspetto estetico, modificandolo attraverso l’eliminazione o l’attenuazione degli inestetismi presenti. I requisiti tecnici per l’esercizio di questa attività sono specificati nella legge numero 1 del 14 gennaio 1990. Tra le possibilità di azione regolamentate da questa legge è contemplato l’uso dei cosmetici, tra cui il trucco. L’estetista può lavorare come dipendente e, se in possesso di relativa qualifica, può iscriversi all’albo delle imprese artigiane e praticare attività lavorativa autonoma nel proprio laboratorio estetico, eseguendo, tra gli altri, trattamenti anche il trucco.
LE ASSOCIAZIONI DI TRUCCATORI
Un’associazione è un ente senza finalità di lucro costituito da un insieme di persone fisiche o giuridiche (gli associati) legate dal perseguimento di uno scopo o interesse comune. Il diritto associativo è riconosciuto nell’art. 18* della costituzione italiana, il quale ne determina anche i limiti. Un’associazione può avere, per esempio, una funzione aggregativa o ludica (associazione di lettura, poesia, sport, etc.) o sostenere e difendere interessi socialmente rilevanti (associazioni di consumatori, AIRC-associazione italiana per la ricerca sul cancro, etc). In Italia esistono varie associazioni di truccatori che si pongono l’obiettivo di informare ed essere riferimento formativo e lavorativo. Il truccatore non ha nessun obbligo di essere iscritto ad alcuna associazione specifica per poter operare lavorativamente nell’ambito del trucco, né tantomeno è richiesta la frequentazione di un corso di studio organizzato e tenuto presso un’associazione. Il valore dell’attestazione di partecipazione a un corso di trucco organizzato da un’associazione, da un privato o da una scuola, non hanno alcuna rilevanza discriminante ai fini lavorativi. La libertà di insegnamento è sancita nell’art. 33** della costituzione italiana: chiunque può trasmettere la propria conoscenza ed esperienza liberamente. Un’associazione, come una scuola o un’accademia di trucco, sono libere di offrire insegnamento ma, al tempo stesso, non possono dare indicazioni sulla loro obbligatoria o indispensabile frequentazione ai fini lavorativi o professionali.
PROFESSIONISTA TRUCCATORE
In conclusione: nel senso più generico e colloquiale della parola, definiamo il truccatore un “professionista” della bellezza anche se nel significato più specifico e tecnico il termine “professionista” non ha alcun riscontro istituzionale. L’informazione può fare la differenza.
Box 2
*Art. 18.
I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
**Art. 33.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
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